mercoledì 15 maggio 2019

George Berkeley (1685-1753)


Berkeley arriva a negare che le cose esistano in modo indipendente dalla mente o dallo spirito che le percepisce. Proprio partendo dalle posizioni di Locke, egli le approfondisce e le spinge alle loro estreme conseguenze. Contrariamente a Locke, che sosteneva che le qualità secondarie come sapori, odori,colori, fossero soggettive (cioè appartengono al soggetto che le percepisce) e che le qualità primarie come figura, solidità, peso, movimento, fossero oggettive (appartengono alle cose); Berkeley obbiettò dicendo che entrambi le qualità fossero soggettive, ossia relative al soggetto che le percepisce. 

La riduzione della realtà a percezione

I principi fondamentali del filosofo sono esposti nelle sue opere: il Trattato sui principi della conoscenza umana e i Dialoghi tra Hylas e Philonous. Nella seconda opera attraverso i due personaggi mette in scena una contrapposizione:


- da un lato le tesi dei materialisti (che egli non appoggia)
- dall'altro le tesi degli spiritualisti (che egli condivide)



Hylas che rappresenta l'idea dei materialisti, obietta che per avere tali percezioni è necessario che le cose esistano nella realtà esterna. Philonous che rappresenta la posizione di Berkeley che dice che non si può pensare né immaginare  nulla di esterno, perché nel momento in cui lo si immagina, questo diventa un idea della mente. In conclusione, noi abbiamo esperienza non delle cose esterne, ma solo di una serie di idee: esse est percipi "l'esistenza delle cose è nel loro essere percepite"




Una negazione della materia

Le cose esistono, ma non in modo indipendente dalla mente o dallo spirito. Ciò che viene negato è che al di là della percezione e delle idee che abbiamo delle cose, ci sia la materia (immaterialismo). Tuttavia Berkeley ammette che le cose esistono anche quando non sono percepite in quanto si mantengono nella mente di Dio


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