lunedì 20 maggio 2019

La Critica del Giudizio




In questa terza Critica kantiana il filosofo sottopone a indagine la facoltà del sentimento o del giudizio intesa come organo dei giudizi riflettenti che: 

-si distinguono dai giudizi dell'intelletto che sono giudizi determinanti, ossia determinano l'oggetto fenomenico

I giudizi del sentimento, sono giudizi riflettenti, ossia si limitano a riflettere sull'oggetto già costruito. Essi si dividono a loro volta in:
- giudizi estetici che riguardano il rapporto tra il soggetto e la rappresentazione dell'oggetto e ne valutano l'accordo;
- giudizi teleologici che colgono l'ordine finalistico interno agli oggetti stessi;


Il sublime

Il sublime è un sentimento dell'illimitato che può essere di due tipi:
  • matematico ha per oggetto la grandezza della natura (immensità del cielo)
  • dinamico nasce, di fronte alla potenza della natura (terremoti, tempeste)
Sia il bello che il sublime piacciono per se stessi, ma mentre il bello riguarda la forma dell'oggetto che consiste nella sua limitatezza, il sublime, trovandosi in qualcosa privo di forma, provoca la rappresentazione dell'illimitatezza (piacere e terrore contemporaneamente).



Il giudizio teleologico

I giudizi teleologici rispondono alla domanda "che scopo ha?" "qual'è la sua funzione?"
Questi giudizi sono universali in quanto derivano da un'esigenza insopprimibile del soggetto, il quale è portato a supporre la presenza di un fine o scopo nel mondo organico

domenica 19 maggio 2019

Critica della ragion pratica


Secondo Kant le norme risiedono nella ragione: la legge morale è un "fatto della ragione". Questa legge guida le nostre azioni imponendosi in modo incondizionato e universale, ossia in modo indipendente dalle circostanze particolari e dai bisogni istintuali. Essa ha la forma del "comando", in quanto impone i propri imperativi contrastando la sensibilità e gli impulsi egoistici.



Gli imperativi e le massime della ragione

Kant distingue l'uso pratico da quello teorica, quando parla di ragione. Nell'uso pratico viene esaltata la ragione perché è indipendente rispetto l'esperienza, nell'uso teorico essa si distacca dall'esperienza per inseguire le illusioni metafisiche. La ragion pratica corrisponde con la volontà intesa come la facoltà che permette di agire sulla base di principi normativi. in particolare Kant riconosce due tipi di principi della ragion pratica: le massime e gli imperativi
Le massime son prescrizioni di carattere soggettivo (per me è giusto vendicarmi del male ricevuto);
Gli imperativi sono prescrizioni oggettive, hanno valore assoluto (la vita è un dono) e a loro volta si dividono in imperativi ipotetici ( sono strumentali: "devo studiare per avere la vacanza in regalo") e in imperativi categorici (sono determinati e incondizionati: "devo studiare perché devo")




Morale

Secondo Kant la moralità deve essere libera e autonoma rispetto alle situazioni dell'esperienza, e dunque universale e incondizionata.
Su di essa di forma la religione, infatti le principali dottrine religiose sono postulati della ragion pratica:
- l'esistenza di Dio garantisce la possibilità del sommo bene;
- l'immoralità dell'anima garantisce la realizzabilità del sommo bene;


mercoledì 15 maggio 2019


Immanuel Kant (1724-1804)



Come Copernico aveva ribaltato i rapporti tra la Terra e il sole, così il filosofo tedesco Kant capovolse i rapporti tra soggetto e oggetto nell'ambito del processo conoscitivo. 
L'opera fondamentale di Kant è la Critica della ragion pura, dopo di questa scrisse la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio.
Nella sua prima fase in cui egli matura un pensiero chiamato "criticismo", si forma sui testi dei razionalisti e degli empiristi. Analizzando queste due correnti della filosofia moderna egli nutre i primi dubbi sulla validità della metafisica.


La critica della ragion pura

In quest'opera egli esamina i fondamenti e i limiti della conoscenza umana per delineare un'epistemologia capace di legittimare razionalmente le conquiste della scienza moderna. La critica della ragion pura, separata dall'esperienza sensibile, è divisa in due parti:

- Estetica trascendentale: (estetica = sensazioni) trascendente è tutto ciò che è innato in noi; empirico è ciò che riguarda l'esperienza sensibile; trascendentale è tutto ciò che è a priori e serve a produrre conoscenza, se applicato all'esperienza sensibile
- Analitica trascendentale: il passaggio tra la prima e la seconda cerca di proporre un'esperienza più profonda dei fenomeni naturali;
- Dialettica trascendentale: egli con la metafisica vuole rivelare le verità su Dio e sulla creazione dell'universo;






George Berkeley (1685-1753)


Berkeley arriva a negare che le cose esistano in modo indipendente dalla mente o dallo spirito che le percepisce. Proprio partendo dalle posizioni di Locke, egli le approfondisce e le spinge alle loro estreme conseguenze. Contrariamente a Locke, che sosteneva che le qualità secondarie come sapori, odori,colori, fossero soggettive (cioè appartengono al soggetto che le percepisce) e che le qualità primarie come figura, solidità, peso, movimento, fossero oggettive (appartengono alle cose); Berkeley obbiettò dicendo che entrambi le qualità fossero soggettive, ossia relative al soggetto che le percepisce. 

La riduzione della realtà a percezione

I principi fondamentali del filosofo sono esposti nelle sue opere: il Trattato sui principi della conoscenza umana e i Dialoghi tra Hylas e Philonous. Nella seconda opera attraverso i due personaggi mette in scena una contrapposizione:


- da un lato le tesi dei materialisti (che egli non appoggia)
- dall'altro le tesi degli spiritualisti (che egli condivide)



Hylas che rappresenta l'idea dei materialisti, obietta che per avere tali percezioni è necessario che le cose esistano nella realtà esterna. Philonous che rappresenta la posizione di Berkeley che dice che non si può pensare né immaginare  nulla di esterno, perché nel momento in cui lo si immagina, questo diventa un idea della mente. In conclusione, noi abbiamo esperienza non delle cose esterne, ma solo di una serie di idee: esse est percipi "l'esistenza delle cose è nel loro essere percepite"




Una negazione della materia

Le cose esistono, ma non in modo indipendente dalla mente o dallo spirito. Ciò che viene negato è che al di là della percezione e delle idee che abbiamo delle cose, ci sia la materia (immaterialismo). Tuttavia Berkeley ammette che le cose esistono anche quando non sono percepite in quanto si mantengono nella mente di Dio


mercoledì 1 maggio 2019

David Hume


David Hume fu un grande empirista del Settecento e è considerato uno dei grandi esponenti dell'illuminismo britannico. Nacque nel 1711 a Edimburgo e morì nel 1766. Apparteneva ad una famiglia della piccola nobiltà scozzese. Fece buoni studi di giurisprudenza e si laureò, nonostante la sua grande passione fosse la filosofia.

La sua opera più importante è il Trattato sulla natura umana, il quale inizialmente fu un insuccesso clamoroso perché era un'opera voluminosa e molto lunga. Così Hume la semplificò e con questa ebbe maggiore fortuna rispetto all'opera originale. Egli voleva compiere una riflessione generale sulla natura umana. Quest'opera è stata scritta in tre libri:
- Libro 1: Sull'intelletto (una trattazione che va dall'origine delle nostre idee e di come debbano essere distinte, tante affermazioni sullo scetticismo);
- Libro 2 Sulle passioni (sulle emozioni e il libero arbitrio)
- Libro 3: Sulla morale (l'esposizione delle idee morali, giustizia, obbligazioni, benevolenza)

Egli sostiene che la fonte della conoscenza sono le percezioni che si distinguono in impressioni e idee. Le prime sono percezioni immediate e vivide, le seconde sono immagini illanguidite delle impressioni.

Inoltre, sostiene che la memoria e l'immaginazione consentono di conservare le impressioni e mettere in rapporto le idee, tuttavia la mente non è totalmente libera perché procede secondo il principio di associazione, il quale agisce in base a tre criteri:
- somiglianza, quando vediamo un quadro, questo ci fa pensare per somiglianza all'originale
- contiguità (vicinanza nello spazio e nel tempo) se io entro in una casa ed entro in una stanza, subito penso alle altre stanze della casa;
-casualità, se provo dolore mi viene da pensare alla causa che ha generato il dolore che sto provando;

Hume ritiene che le idee complesse garantiscano:
  • una conoscenza certa quando derivano da pure relazioni tra idee
  • una conoscenza probabile quando derivano da relazioni tra dati di fatto
Queste implicano il principio di causalità che deriva da una tendenza soggettiva a cogliere una connessione necessaria tra due eventi successivi e contigui.

Per Hume la fiducia nella regolarità dei fenomeni è frutto dell'abitudine,da cui deriva la credenza. Essa è utile per guidare la condotta umana ma è priva di certezza assoluta.

Infine Hume sostiene che l'etica si fonda su criteri empirici e sul senso morale, infatti bisogna tenere distinti il piano dell'essere e quello del dover essere.

Idealismo  ➠ Nuova corrente filosofica nata durante il tentativo di superare le contraddizioni rimaste insolute nel sistema kantia...